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L'eterna malattia del male di vivere

L’eterna malattia del male di vivere
di Michele Lasala

 
I primi segnali o le prime avvisaglie di quello che sarà il “disagio esistenziale” tipico del Novecento le abbiamo nel simbolismo, movimento artistico-letterario che si sviluppa sul finire dell’Ottocento soprattutto in Francia. Saranno proprio i poeti francesi a mettere in “luce” le ombre del male di vivere in un mondo che cela orrori. Così Baudleaire concepisce i Fiori del male , raccolta di poesie dove egli cerca di spiegare il significato dello spleen.
Per Baudelaire, è Satana che culla; e non sappiamo se fosse il demonio a cullare l’anima di Rimbaud, poeta che a soli vent’anni decide di smettere di scrivere perché aveva già detto tutto al mondo. Tutto il suo disagio, tutta la sua follia affiorano da quei versi audaci che caratterizzano la sua lirica.
Dai “poeti dell’inferno”, così come recita il titolo di un noto film dedicato alle figure di Rimbaud e di Verlaine, si passa ai poeti dei primi del Novecento.
Nel XX secolo il dolore esistenziale è strettamente legato alla solitudine; l’uomo solo e indifeso contro un mondo ostile, fatto di pericoli e inganni, dove risulta difficile trovare un brandello di serenità.
Per Montale il male di vivere, ad esempio, è l’accartocciarsi  della foglia, e nell’accartocciarsi vi è la metafora del ripiegamento e del contorcersi delle anime dannate, che pare siano nate a causa di un gioco malsano del destino. L’uomo soffre, è quasi incapace di trovare una via di fuga al suo male interiore. Inoltre è difficile spiegare le ragioni del suo malessere, del suo disagio.
La solitudine alle volte è un pretesto per giustificare il malessere in cui l’individuo moderno cade, perché l’uomo è a disagio anche quando è con gli altri, è tra la folla, è con gli amici…
Neppure l’amore alle volte riesce a “curare” l’eterna malattia.
Si potrebbe pertanto affermare che l’individuo soffre perché è insoddisfatto di sé, è come se volesse superarsi.
Da questa semplice considerazione possiamo con serenità guardare alla pittura, e quindi all’arte figurativa, prendendo in esame un filone di personalità: quello che va da Van Gogh a Bacon, passando per artisti più o meno noti ma che hanno, come Van Gogh, rappresentato ed espresso il loro male di vivere, facendolo diventare male di tutti. Per cui i “felici” girasoli di Van Gogh cominciano a nascondere, nella loro eterna luminosità, barlumi di sofferenza, ombre di disagio. Ed ecco che i girasoli si afflosciano, si curvano, esattamente come il corpo di un malinconico. È appunto la malinconia la vera chiave di lettura di tutta l’opera matura di Van Gogh.
Van Gogh è espressionista, quindi “esprime” i suoi stati d’animo attraverso l’uso virtuosistico dei colori ( come tutti gli espressionisti ); egli esprime ciò che sente e la sua pittura è una pittura interiore; è una pittura che racconta il disagio di un uomo ma anche quello di tutti. In questo Van Gogh è uguale a Leopardi.
Un altro artista è Eduard Munch, pittore simbolista, autore di un capolavoro che è il manifesto della disperazione, del male esploso. Il quadro è L’urlo, del 1893. In questo capolavoro della pittura c’è tutto quello che Van Gogh non è stato in grado di fare e cioè rendere esplicito il suo disagio, esprimerlo con la rappresentazione di un atto fisico, con un urlo appunto. Nel quadro di Munch il grido del dolore addirittura si diffonde e coinvolge il paesaggio e l’ambiente che circonda la figura umana che lo emette; il cielo comincia a muoversi, diventa ondoso, macchiato di rosse nuvole accese d’ira, di rabbia; quella stessa rabbia che si diffonde come fumo su tutto ciò che incontra: il lago, il ponte, le barche, i viandanti. Anche la figura pare deformata, e il suo volto riflette la lugubre sembianza della morte.
Ritornando alla letteratura, tra le figure più interessanti del Novecento che hanno raccontato il male di vivere c’è Pier Paolo Pasolini. Si veda Ragazzi di vita o Una vita violenta, dove ad essere narrata è la vita delle borgate romane tra miseria e solitudine, vane speranze e false illusioni. È  in questo ambiente di totale povertà che nasce la violenza, il crimine. Pasolini ha cercato di raccontare tutto della vita, anche  quell’aspetto poco felice che riveste le vite di giovinetti, puttane e accattoni. Se volessimo paragonare Pasolini ad un pittore lo faremmo con Caravaggio, pittore che ha fatto del male di vivere la ragione della sua opera. Nella mente del Merisi una prostituta poteva diventare una Vergine, un giovinetto dalla sessualità ambigua un San Giovannino, un barbone un San Matteo. Ma le scene di santi, Vergini altro non sono che puro pretesto per far vedere al mondo le bassezze della vita.
A quanto pare il male di vivere è radicato nell’uomo del Novecento, forse a causa dell’ alienazione – intesa come Marx voleva -, forse a causa della tecnologia che rende l’uomo un automa, e quindi sempre più solo. Si spera però che questa alienazione sia solo passeggiera.   
 
(un tema di Italiano di scuola superiore)



 

Francis Bacon, Abbozzo per un ritratto di Lisa



vedi anche

Pensieri di Jean-Paul Sartre (a cura di Fabio Squeo)

Gadamer. Il linguaggio dell'essere
(di Michele Lasala)


                                                                                                                                 


 

Ipse dixit  
  "Un filosofo: un filosofo è un uomo che costantemente vive, vede, sente, intuisce, spera, sogna cose straordinarie; che viene colpito dai suoi propri pensieri come se venissero dall'esterno, da sopra e da sotto, come dalla sua specie di avvenimenti e di fulmini; che forse è lui stesso un temporale gravido di nuovi fulmini; un uomo fatale, intorno al quale sempre rimbomba e rumoreggia e si spalancano abissi e aleggia un'aria sinistra. Un filosofo: ahimè, un essere che spesso fugge da se stesso, ha paura di se stesso - ma che è troppo curioso per non 'tornare a se stesso' ogni volta" (Friedrich Nietzsche) *** "Io ho un solo amico, è l'eco: e perché è mio amico? Perché io amo il mio dolore e l'eco non me lo toglie. Io ho un solo confidente, è il silenzio della notte. E perché è il mio confidente? Perché il silenzio tace". (Soren Kierkegaard) *** "Un grande uomo costringe gli altri a spiegarlo" (Georg Wilhelm Friedrich Hegel) *** "Il mondo non è nè vero nè reale, ma vivente" (Gilles Deleuze) *** "Strano come, appena pronunciata, una cosa perde il suo valore. Crediamo d'essere scesi sul fondo dell'abisso, ma quando risaliamo, le gocce rimaste sulle pallide punte delle nostre dita, non hanno più nulla del mare da cui provengono. Crediamo d'avere scoperto una fossa piena di tesori meravigliosi, ma, quando risaliamo alla luce, ci accorgiamo di avere con noi solo pietre false e frammenti di vetro. Nella tenebra, intanto, il tesoro continua a brillare, inalterato". (Maeterlinck)  
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