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Il Don Chisciotte di Scaparro.

Il Don Chisciotte di Scaparro: tragicomico frammento della nostra esistenza
di Michele Lasala

 
Si potrebbe partire da un quadro per cogliere la vera essenza del teatro; il quadro è Las Meninas di Diego Velazquez [figura in basso], dipinto nel 1656 e oggi conservato al museo del Prado di Madrid.
Questo è un quadro che ha la forza di sconvolgere il normale percorso della logica, nel senso che ci fa vedere quello che normalmente non dovremmo vedere. Ritrae le damigelle d’onore che salutano l’infanta Margherita di Spagna e suo marito il re; personaggi questi ultimi che stanno fuori dal dipinto ma che noi possiamo vedere riflessi nello specchio della parete di fondo del quadro. Il re e la regina stanno in uno spazio che è anche il nostro e posano per essere ritratti dal loro pittore di corte, Velazquez appunto, che noi nel quadro possiamo vedere ritratto a sinistra. Quindi il vero soggetto di questo capolavoro non sono, come il titolo suggerisce, le “meninas” , cioè le damigelle, ma il re e la regina. Ma potremmo essere anche noi che da normali spettatori diventiamo, contro ogni  logica, veri soggetti del quadro, e Velazquez è lì pronto ad immortalarci.
Questo ribaltamento avviene nella maniera più diretta nel teatro, in cui ciò che viene raccontata è la vita di ognuno di noi, colta nelle più svariate forme e sfumature; nel teatro infatti si ha quasi l’impressione di vedersi riflessi in uno specchio, che mostri però quegli aspetti della nostra esistenza che noi abitualmente non siamo capaci di scorgere. Il teatro è uno specchio rivelatore, come quello del quadro di Velazquez, capace di mettere a nudo la realtà anche se solo attraverso la finzione scenica. Lo spettacolo di Maurizio Scaparro Don Chisciotte. Frammenti di un discorso teatrale, messo in scena al teatro “Curci” di Barletta tempo fa, mette ben in evidenza questa peculiarità del teatro attraverso le avventure di Don Chisciotte, che qui altro non sono che puro pretesto per “discorrere” intorno al vero tema della rappresentazione: il teatro. Per Scaparro il teatro è la vita stessa, quella che si consuma quotidianamente, quella delle persone più semplici; ogni nostra azione è un’azione teatrale, ogni nostra parola pare essere stampata o suggerita da un copione. La nostra è una recita che dura finché siamo in vita e termina con la nostra morte. Un politico, un dittatore, un poeta, un artista non sono altro che degli “attori” che interpretano ruoli più o meno impegnativi, per cui si travestono, si mascherano, si truccano ed entrano nella scena della vita per ingannare ed essere ingannati, per illudere ed essere illusi in un gioco piacevole che si rinnova continuamente. Questo è il teatro, pura illusione; quella stessa illusione che tormenta l’esistenza del Don Chisciotte di Scaparro, che ha scambiato la realtà con il sogno e vede cose che soltanto nella dimensione onirica possono verificarsi, come mulini che diventano giganti minacciosi da combattere o come pecore che diventano soldati da annientare, ammazzare, sconfiggere in nome di una patria che non è mai esistita. Quella di Don Chisciotte è una vita vissuta nella totale immaginazione; egli vede ciò che gli altri non vedono perché privi di fantasia: è una specie di bambino abituato a proiettarsi nel mondo delle favole.
Tutto, per il «cavaliere dalla triste figura» è favola, ma egli non è in grado di riconoscerla, non è capace di distinguerla dal mondo reale. Per Don Chisciotte il bene e il male non si mescolano, semplicemente si ribaltano. A riportarlo nella realtà è quello specchio che riflette la verità, rappresentato dal volgare e popolano Sancho Panza. Anche Sancho Panza “recita” il ruolo del rozzo, ma egli non cade vittima dell’illusione o del sogno, si limita a rivestire il ruolo che gli compete, perché il teatro della vita a cui è legato lo obbliga a fare questo.
Il tormento del nostro errante cavaliere è mitigato ma anche alimentato dalla lontana e irraggiungibile Dulcinea; figura emblematica che vive solo nella mente del nostro vagabondo cavaliere.
Dulcinea è in realtà una figura immaginaria, nata quasi per necessità e usata in qualità di antidepressivo; ha la funzione di alleviare i dolori della vita, comuni a tutti noi senza distinzioni. Ed ecco quindi l’amore inteso come elemento necessario per la sopravvivenza; quando non c’è, lo si vorrebbe avere in ogni modo, a costo di inventarlo.
Quello che il grande Maurizio Scaparro mette in scena ormai da diversi anni (le avventure del suo Don Chisciotte cominciano a Spoleto nel 1983) è il teatro della vita, dove noi spettatori siamo in realtà quegli attori che vediamo muoversi e parlare nello “specchio” del palcoscenico.
Lo specchio del quadro di Velazquez è il medesimo usato da Scaparro per narrare la finzione di ogni vita, di ogni uomo; ci mostra quello che in realtà noi siamo: dei commedianti professionisti. Ma nel teatro di Scaparro c’è un altro aspetto della vita che andrebbe considerato ed è quello del “disinganno”, ossia della delusione, che è perfettamente sottolineato dal suo Don Chisciotte, il quale ad un certo punto si accorge di essersi illuso di tutto e di essersi allontanato dal vero, di avere combattuto contro fantasmi e desiderato una donna immaginaria. Si accorge di questo quando finalmente si sveglia dal lungo sonno della follia e si ritrova faccia a faccia con la realtà, quella che per paradosso è rappresentata da una compagnia di attori di teatro.
Adesso il «cavaliere dalla triste figura» capisce che la sua esistenza non ha più senso; la verità lo ha troppo ferito e il disinganno lo ha portato dritto alla morte.
Il sipario si chiude e la recita di questo personaggio termina nel peggiore dei modi. La verità che Don Chisciotte  ha visto si è mostrata nella sua nudità, guardandolo con gli occhi scuri e profondi della morte.



Diego Velazquez, Las Meninas (1656); Madrid, Prado






vedi anche

Intervista immaginaria a Miguel de Cervantes 

Gadamer. Il linguaggio dell'essere  





referenze fotografiche:

 
http://readysteadyno.blogspot.it/2011/04/la-meninas.html 

Ipse dixit  
  "Un filosofo: un filosofo è un uomo che costantemente vive, vede, sente, intuisce, spera, sogna cose straordinarie; che viene colpito dai suoi propri pensieri come se venissero dall'esterno, da sopra e da sotto, come dalla sua specie di avvenimenti e di fulmini; che forse è lui stesso un temporale gravido di nuovi fulmini; un uomo fatale, intorno al quale sempre rimbomba e rumoreggia e si spalancano abissi e aleggia un'aria sinistra. Un filosofo: ahimè, un essere che spesso fugge da se stesso, ha paura di se stesso - ma che è troppo curioso per non 'tornare a se stesso' ogni volta" (Friedrich Nietzsche) *** "Io ho un solo amico, è l'eco: e perché è mio amico? Perché io amo il mio dolore e l'eco non me lo toglie. Io ho un solo confidente, è il silenzio della notte. E perché è il mio confidente? Perché il silenzio tace". (Soren Kierkegaard) *** "Un grande uomo costringe gli altri a spiegarlo" (Georg Wilhelm Friedrich Hegel) *** "Il mondo non è nè vero nè reale, ma vivente" (Gilles Deleuze) *** "Strano come, appena pronunciata, una cosa perde il suo valore. Crediamo d'essere scesi sul fondo dell'abisso, ma quando risaliamo, le gocce rimaste sulle pallide punte delle nostre dita, non hanno più nulla del mare da cui provengono. Crediamo d'avere scoperto una fossa piena di tesori meravigliosi, ma, quando risaliamo alla luce, ci accorgiamo di avere con noi solo pietre false e frammenti di vetro. Nella tenebra, intanto, il tesoro continua a brillare, inalterato". (Maeterlinck)  
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