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Nuovo costituzionalismo e multiculturalismo I

In un mondo globalizzato quali forme deve assumere la democrazia perché vengano rispettate le diversità culturali, sociali ed etniche dei vari popoli”.

 

 

Nuovo costituzionalismo e multiculturalismo
Come stare nell’Aporia dell’Occidente
( quarto classificato alla cinquantaduesima edizione del concorso nazionale I GIOVANI NELLA VITA PUBBLICA DEL PAESE, Viareggio, 1 giugno 2012)

di Vito Antonio Girardi

 

INTRODUZIONE

 

Al problema del rispetto delle diversità tra i popoli ci si può approcciare avendo visioni diverse, soprattutto in merito al valore di queste diversità, ma un atteggiamento pragmatico in un mondo globalizzato e dominato dal capitalismo finanziario, prima di porsi problemi teorici di questo tipo, intravvede negli altri popoli, e soprattutto negli uomini appartenenti ad altre etnie, dei possibili interlocutori economici, verso i quali proprio per questo esercitare o rispetto o indifferenza nei confronti di tutte le altre sfere di vita. Inoltre, nel contesto odierno, in cui l’Occidente non domina più incontrastato e direttamente sul resto del mondo, rispettare il diverso, soprattutto quello che ha alle spalle una generica capacità di potenza, prima di essere una scelta è diventata una necessità per prevenire reazioni a proprio discapito.
E questo vale non solo nei confronti di quei popoli da secoli visti come Altri per lo più a causa del loro stare fuori dall’orizzonte religioso cristiano, ma anche nei rapporti interni al contesto occidentale e soprattutto europeo, laddove dal tardo Settecento si è costituita la fucina dei nazionalismi, non ancora del tutto spenti. Se precedentemente, infatti, le conflittualità ideologicamente più articolate e condivise erano sorte intorno a motivi religiosi all’interno degli Stati, e ciò aveva richiesto un ripensamento del concetto stesso di sovranità (Quaglioni, 2004), a partire dalla fine del Settecento, prima le lotte contro l’ancien régime e poi quelle contro lo Stato liberale, specialmente dopo l’unificazione statale di Italia e Germania, avevano evidenziato un progressivo crescere delle rivendicazioni interne, da parte dei ceti sociali che non avevano accesso al potere politico. Parallelamente, tra il 1784 e il 1791 Johann G. Herder (1744-1803) pubblicava le Idee per la filosofia della storia dell’umanità, proponendo l’idea che ciascun uomo abbia un modo originale di essere tale tra gli altri uomini, una sua “misura”, e che per analogia ciò valga anche per i singoli popoli, che dunque per Herder dovrebbero essere fedeli a se stessi (cfr. Habermas, Taylor, 2008, pp. 14-16). In accordo con queste teorie, le rivendicazioni di autonomia o di unità nazionale ebbero in questo periodo dei sussulti in tutta Europa, finché, una volta costituitisi i principali Stati nazionali europei, i nazionalismi non furono sfruttati ed esasperati per superare la crisi economica e istituzionale del primo dopoguerra. È la storia dei totalitarismi e dell’imposizione della logica del «riconoscimento del nemico». Al termine del secondo conflitto mondiale, si è tentato nell’Europa occidentale di superare l’ideologia nazionalista con la progressiva creazione di un organizzazione sovranazionale degli Stati europei, ma l’odierna crisi economica, che attanaglia soprattutto certi Paesi dell’UE, e il modo in cui la si sta gestendo dimostrano la difficoltà di superare gli interessi strettamente nazionali da parte dei popoli e dei governi dei vari Stati. In questo contesto del nazionalismo classico in molti casi è rimasta solo una patina, mentre al contrario dominano ragioni economiche per il fatto che a livello istituzionale le economie statali sono ancora divise. Ma ciò dimostra che fondare il tipo di rapporto con l’altro, con il diverso, o presunto tale, solo su basi economiche di reciproca convenienza, come finora è avvenuto in Europa, significa lasciare aperti e irrisolti problemi fondamentali per il futuro.
Alla luce di queste evidenze emerge la necessità di affrontare la riflessione sulla capacità delle democrazie occidentali di intessere rapporti di rispetto con gli altri popoli non con la sola intenzione di fronteggiare situazioni contingenti di conflittualità, ma ponendosi il problema del senso di questi rapporti tra popoli e uomini, senza per questo pretendere di costruire filosofie della storia. Solo rendendosi conto della dimensione etica dei problemi politici si può evitare di incorrere nell’illusione di poter costruire strutture, istituzioni, forme giuridiche così perfette «che nessuno avrebbe più bisogno di essere buono», per dirla con  Thomas S. Eliot (1888-1965).
Insomma, la stessa nozione di rispetto sembra tiepida e insapore, giacché non permette da sola di affrontare pienamente la portata della questione.


continua a leggere - Il problema del riconoscimento





 

Ipse dixit  
  "Un filosofo: un filosofo è un uomo che costantemente vive, vede, sente, intuisce, spera, sogna cose straordinarie; che viene colpito dai suoi propri pensieri come se venissero dall'esterno, da sopra e da sotto, come dalla sua specie di avvenimenti e di fulmini; che forse è lui stesso un temporale gravido di nuovi fulmini; un uomo fatale, intorno al quale sempre rimbomba e rumoreggia e si spalancano abissi e aleggia un'aria sinistra. Un filosofo: ahimè, un essere che spesso fugge da se stesso, ha paura di se stesso - ma che è troppo curioso per non 'tornare a se stesso' ogni volta" (Friedrich Nietzsche) *** "Io ho un solo amico, è l'eco: e perché è mio amico? Perché io amo il mio dolore e l'eco non me lo toglie. Io ho un solo confidente, è il silenzio della notte. E perché è il mio confidente? Perché il silenzio tace". (Soren Kierkegaard) *** "Un grande uomo costringe gli altri a spiegarlo" (Georg Wilhelm Friedrich Hegel) *** "Il mondo non è nè vero nè reale, ma vivente" (Gilles Deleuze) *** "Strano come, appena pronunciata, una cosa perde il suo valore. Crediamo d'essere scesi sul fondo dell'abisso, ma quando risaliamo, le gocce rimaste sulle pallide punte delle nostre dita, non hanno più nulla del mare da cui provengono. Crediamo d'avere scoperto una fossa piena di tesori meravigliosi, ma, quando risaliamo alla luce, ci accorgiamo di avere con noi solo pietre false e frammenti di vetro. Nella tenebra, intanto, il tesoro continua a brillare, inalterato". (Maeterlinck)  
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