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Il bambino sognante (II parte)

IL BAMBINO SOGNANTE
di Giuseppe Pischetola



V

 Piangendo
di un pianto dell’anima che mai si fermava
a volte rigato da lacrime vere,
il bambino sognante divenne uomo.
Il tempo era passato.
E la vita
con le sue cose reali,
scorreva.
L’uomo si era lasciato cadere in quegli anni.
Piano piano.
Si era spento.
Non aveva più luce negli occhi.
Voleva solo raggiungere la sua amica.
Non l’aveva mai dimenticata.
Non aveva dimenticato la cura ricevuta.
Si era lasciato cadere in una vita rovinosamente triste
e povera.
Aveva cercato di aggrapparsi ai suoi sogni di un tempo
per cadere miseramente sempre più giù,
vedendone la oramai nitida impossibilità.
La sua caduta non era placida e dimessa
come quella della sua amica luna,
ma piena di rabbia e dolore.
E questo lo portò a perdersi nella caduta.
Non planava.
Precipitava.

 ***

VI
Arrivò al fondo.
Aveva commesso tanti errori.
Era rimasto da solo.
La sua rabbia aveva allontanato tutti.
I suoi amici e quelli che dicevano di esserlo.
I suoi amori che dicevano di esserlo.
Era diventato povero.
Non aveva un quattrino.
E in fondo era indifferente anche a questo.
“Presto raggiungerò la mia cara amica e le dirò che non l’ho mai dimenticata”.
Aveva perso la sua dignità.
Il senso di ogni cosa.
La luce negli occhi.
A un certo punto anche la rabbia.
Attendeva la fine.
Era vicina.
Un soffio.
E proprio sul punto più basso del suo cielo oramai capovolto,
proprio al termine ultimo della caduta,
nell’istante dell’impatto che lo avrebbe ucciso,
(nel corpo si intende)
sentì un alito di luce.

***

 VII

 Il tempo si lacerò e
tornò bambino sognante.
Le sue mani erano grandi,
il suo viso adulto.
Ma si sentiva come allora.
Esattamente come allora.
Bambino sognante.
E finalmente la vide.
Adagiata sul fondo della sua esistenza.
Sul fondo più fondo che più giù non si può andare.
Gli sorrideva dolce.
E sorridendo gli disse:
“Vedi piccolo mio, era da qui che dovevi vedermi,
non dalle alture immense di cieli stellati.
A guardarmi con il naso per aria ti è bastato poco per precipitare.
Io non ti ho mai ingannato sui sogni.
Ci ho sempre creduto.
Ma non sempre negli stessi.
Non sarebbero mai potuti essere gli stessi per te,
come non lo sono per nessuno a questo mondo.
Se ognuno vivesse solo del proprio sogno
che fine farebbe la vita?
Il mio bene per te era la cura del sogno.
Era un invitarti leggero e gentile
a sognare sempre,
anche la più piccola cosa.
Perché seppur il nostro sogno apparente,
il più grande, svanisce,
rimane la nostra voglia di sognare.
La nostra capacità di sognare.
Dovesse un uragano
abbattere il palazzo che abbiamo costruito in una vita,
se abbiamo dentro la voglia di costruire
seppur dispiaciuti, 
ne costruiremo uno nuovo.
E man mano che verrà su sarà sempre più gaio il lavoro.
Perché quello che proteggevo di te
non era il tuo sogno.
Ma il fatto che sapevi sognare.
Ora sei pronto.
Puoi risalire o restare qui.
Puoi scegliere.
Se ho coltivato bene il sogno nel tuo cuore saprai cosa fare”.
Detto questo disparve.

***

VIII

 L’uomo tornò nel buio del fondo che aveva raggiunto.
Era andata via.
E ripensò alle sue parole.
Non con la testa.
Con il cuore.
Come erano abituati tra di loro.
Dentro sentiva che il bambino sognante era tornato.
Sentì che timidamente deciso gli sussurrò:
”Alzati, è ora di cominciare questa lunga risalita
verso la luce vera.
Una luce difficile,
ma che non ruba il sogno.
Perché il tuo sogno sono io.
Ora devi prenderti tu cura di me”.
L’uomo si rialzò.
Non guardò verso l’alto.
Cominciò a camminare nella risalita.
“Bravo,- gli disse il bambino sognante-
andiamo insieme verso la vita,
sognando la luna”. 

Ipse dixit  
  "Un filosofo: un filosofo è un uomo che costantemente vive, vede, sente, intuisce, spera, sogna cose straordinarie; che viene colpito dai suoi propri pensieri come se venissero dall'esterno, da sopra e da sotto, come dalla sua specie di avvenimenti e di fulmini; che forse è lui stesso un temporale gravido di nuovi fulmini; un uomo fatale, intorno al quale sempre rimbomba e rumoreggia e si spalancano abissi e aleggia un'aria sinistra. Un filosofo: ahimè, un essere che spesso fugge da se stesso, ha paura di se stesso - ma che è troppo curioso per non 'tornare a se stesso' ogni volta" (Friedrich Nietzsche) *** "Io ho un solo amico, è l'eco: e perché è mio amico? Perché io amo il mio dolore e l'eco non me lo toglie. Io ho un solo confidente, è il silenzio della notte. E perché è il mio confidente? Perché il silenzio tace". (Soren Kierkegaard) *** "Un grande uomo costringe gli altri a spiegarlo" (Georg Wilhelm Friedrich Hegel) *** "Il mondo non è nè vero nè reale, ma vivente" (Gilles Deleuze) *** "Strano come, appena pronunciata, una cosa perde il suo valore. Crediamo d'essere scesi sul fondo dell'abisso, ma quando risaliamo, le gocce rimaste sulle pallide punte delle nostre dita, non hanno più nulla del mare da cui provengono. Crediamo d'avere scoperto una fossa piena di tesori meravigliosi, ma, quando risaliamo alla luce, ci accorgiamo di avere con noi solo pietre false e frammenti di vetro. Nella tenebra, intanto, il tesoro continua a brillare, inalterato". (Maeterlinck)  
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