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Federico Barocci. Il pittore che seppe far danzare gli angeli

Federico Barocci. Il pittore che seppe far danzare gli angeli


di Michele Lasala

Se c’è un pittore che da sempre ha destato in me particolare interesse, questi è Federico Barocci, pittore marchigiano e rivoluzionario della pittura di fine Cinquecento. Nato ad Urbino, la città di Raffaello, nel 1535, Barocci trascorre un periodo infelice a Roma, dove però ha modo di studiare direttamente la pittura del più anziano Michelangelo e la pittura del suo conterraneo Raffaello Sanzio. Il successivo soggiorno a Parma (tra il 1555 e il 1557), invece, lo metterà a confronto con la pittura di Correggio, altro grande maestro del Rinascimento più maturo. Ma tra tutti, sarà proprio Raffaello il pittore che eserciterà in lui particolare influenza, particolare fascino, particolare attrazione. A tal punto che il carattere dominante della intera produzione pittorica di Barocci non a caso sarà la grazia, quella stessa che ritroviamo nelle opere del Sanzio, ma che in Barocci viene declinata in altro modo.

MALINCONICHE MADONNE E ANGELI DANZANTI – Grazia, delicatezza, dolcezza, eleganza sono le parole che vengono in mente guardando le opere del nostro pittore; idee che prendono forma e concretezza nei corpi di malinconiche Madonne, di Bambini talora ridenti, talora addormentati, talora assorti; nei corpi di piccoli angeli danzanti nell’aria. La pittura “riformata” di Federico Barocci – tale perché il periodo in cui il maestro marchigiano lavora è quello segnato dalla Controriforma –  porta dentro di sé tutta la tradizione del Rinascimento italiano, ma allo stesso tempo essa manifesta tratti di assoluta originalità, di assoluta modernità, a tal punto da anticipare la grande stagione della pittura “barocca” del Seicento, periodo in cui assistiamo alla rivoluzione determinata dall’arte fortemente drammatica e realista di Caravaggio, dalla classicità della pittura – alle volte fin troppo accademica – dei Carracci, ma anche dalla pittura di Guercino, di Guido Reni, di Domenichino, di Pietro da Cortona, stando almeno all’ambito italiano. Ma il Seicento sarà anche il secolo dei grandi pittori europei, come Rembrandt, Velazquez, Murillo, De La Tour, Vouet.

UN PONTE TRA CLASSICISMO E BAROCCO – Da questo punto di vista, si può dire effettivamente che Barocci rappresenti un vero trait d’union tra due stagioni artistiche, tra due secoli. Egli funge, stando a quanto ci dice Stefano Zuffi, da vera cerniera tra Rinascimento e barocco. Gli anni in cui opera Federico Barocci sono gli stessi di Pontormo, di Rosso Fiorentino, Agnolo Bronzino, di Domenico Beccafumi. Sono gli anni del Manierismo. E anche al Manierismo guarderà il nostro pittore, mutuando da esso l’uso del colore e il gusto per le forme allungate, conferendo così alle sue figure eleganza e solennità.

FUGA IN UN EGITTO SURREALE – Del 1570 è il Riposo durante la fuga in Egitto, opera oggi conservata alla Pinacoteca Vaticana. Questa è una tela in cui per la prima volta nella storia dell’arte vediamo un san Giuseppe sorridere mentre dà al figlio un ramoscello appena staccato dall’albero che ha alle spalle. Gesù Bambino risponde al sorriso del padre con un altrettanto candido sorriso. In primo piano, la Madonna, elegante, graziosa, delicata, raccoglie in una piccola ciotola dell’acqua da un ruscello. Sullo sfondo si apre un paesaggio di sogno, un paesaggio surreale, certamente immaginato e prodotto dalla mente e dalla fantasia di Barocci. Un paesaggio fatto di sole macchie di colore, di rapide pennellate, ma che ha tutta la forza di evocare i paesi sperduti di un Egitto antico, lontano, caldo, desertico.

LA MODERNITA’ DI FEDERICO BAROCCI – La naturalezza dei gesti, la bellezza di vivere, la felicità che da padre a figlio si trasmettono, sono in un attimo bruscamente interrotti da un barlume di malinconia che traspare nel volto della Vergine, come fosse un richiamo a quello che sarà il destino di Cristo e il destino dell’umanità. La Madonna conosce la verità di suo figlio, porta dentro di sé tutto il dolore del mondo, porta nel suo cuore la Croce di Gesù e nasconde sotto le ciglia il pianto disperato della Passione e la luce accecante della Resurrezione. Alle sue spalle, invece, un momento di felicità, di spensieratezza tra Giuseppe e Cristo Bambino; un gaio momento ludico durante una gita fuori porta, si potrebbe dire.

BAROCCI PITTORE IMPRESSIONISTA ANTE LITTERAM –  La modernità di questa  scena emerge proprio nei gesti, nei sentimenti, nelle posture dei personaggi, che ricordano alcune scene di vita quotidiana dipinte dai pittori impressionisti di fine Ottocento, pittori che hanno raccontato la bellezza di vivere e i piaceri dell’esistenza. Si pensi a Renoir, a Manet o magari a De Nittis. Questa tela del Barocci rimanda infatti ad alcune colazioni in giradino, dipinte sul finire dell’Ottocento o ad alcune scene di bagnanti dello stesso periodo. Attimi, frammenti di vita, piccoli moti del corpo si imprimono nella mente di Barocci e trovano espressione e concretezza nelle sue tele, dando corpo non già a scene di “genere” di vita quotidiana, ma a scene di soggetto sacro, dove Madonne, Bambini, santi e Padri raccontano il divino con la lingua degli uomini, con il linguaggio della quotidianità, stabilendo così un mirabile rapporto tra il sacro e il profano, tra il divino e il mondano.

LA MOSTRA – In questi giorni è in corso a Londra una mostra monografica dedicata a Federico Barocci: Barocci. Brillance and Grace (da 27 febbraio al 19 maggio), la prima monografica dedicata al pittore. Dipinti, pale d’altare, disegni documentano le diverse fasi della carriera e della produzione del pittore marchigiano.

(articolo pubblicato su www.quotidianolive.com)
 




Federico Barocci, Riposo durante la fuga in Egitto (1570 - 1575), Roma, Pinacoteca vaticana

 
Ipse dixit  
  "Un filosofo: un filosofo è un uomo che costantemente vive, vede, sente, intuisce, spera, sogna cose straordinarie; che viene colpito dai suoi propri pensieri come se venissero dall'esterno, da sopra e da sotto, come dalla sua specie di avvenimenti e di fulmini; che forse è lui stesso un temporale gravido di nuovi fulmini; un uomo fatale, intorno al quale sempre rimbomba e rumoreggia e si spalancano abissi e aleggia un'aria sinistra. Un filosofo: ahimè, un essere che spesso fugge da se stesso, ha paura di se stesso - ma che è troppo curioso per non 'tornare a se stesso' ogni volta" (Friedrich Nietzsche) *** "Io ho un solo amico, è l'eco: e perché è mio amico? Perché io amo il mio dolore e l'eco non me lo toglie. Io ho un solo confidente, è il silenzio della notte. E perché è il mio confidente? Perché il silenzio tace". (Soren Kierkegaard) *** "Un grande uomo costringe gli altri a spiegarlo" (Georg Wilhelm Friedrich Hegel) *** "Il mondo non è nè vero nè reale, ma vivente" (Gilles Deleuze) *** "Strano come, appena pronunciata, una cosa perde il suo valore. Crediamo d'essere scesi sul fondo dell'abisso, ma quando risaliamo, le gocce rimaste sulle pallide punte delle nostre dita, non hanno più nulla del mare da cui provengono. Crediamo d'avere scoperto una fossa piena di tesori meravigliosi, ma, quando risaliamo alla luce, ci accorgiamo di avere con noi solo pietre false e frammenti di vetro. Nella tenebra, intanto, il tesoro continua a brillare, inalterato". (Maeterlinck)  
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